Capitano frequentemente liti e controversie relative al pagamento di oneri condominiali derivanti da delibere approvate prima della vendita di un appartamento in condominio, ma messe in esecuzione subito dopo. E’ evidente, infatti, che a beneficiare dei lavori straordinari, ad esempio di ristrutturazione della facciata, sarà l’acquirente, ma se nulla si è previsto nel titolo di vendita, chi dovrà pagarli?
L’ordinanza in esame è interessante perchè distingue tra spese ordinarie e straordinarie e riguarda il caso di un immobile acquistato all’asta, dunque sotto la garanzia dell’art. 2919 c.c..
Il caso
Il condominio aveva ingiunto al nuovo proprietario dell’apartamento (che aveva ottenuto il decreto di trasferimento nell’anno 2004) il pagamento di contributi condominiali ordinari e soprattutto straordinari dovuti dalla venditrice esecutata fallita, deliberati dall’assemblea in periodi anteriori all’anno 2003, ma i cui lavori straordinari erano stati eseguiti successivamente. In primo grado il Tribunale di Genova affermò che il nuovo proprietario fosse debitore verso il Condominio, dovendosi a tal fine aver riguardo “al momento in cui i lavori sono stati concretamente posti in essere”. Con analoga motivazione, la Corte d’appello respinse il gravame avanzato dal nuovo proprietario.
La questione non è di semplice soluzione perché un orientamento ritiene rilevante il momento della delibera assembleare, ovvero di formazione della volontà condominiale, un altro, invece, il momento genetico del debito (ovvero quando l’amministratore assume l’obbligazione, ad esempio stipulando il contratto di appalto ed eseguendo le opere).
Propose ricorso per Cassazione il nuovo proprietario, ritenendo che il debito non potesse essere a lui imputato perchè antecednete di due anni contabili all’acqisto (dunque oltre il limite dell’art. 63 disp. Att. c.c.).
La Corte di Cassazione ha precisato che: “occorre a tal fine distinguere tra spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune, ovvero ad impedire o riparare un deterioramento, e spese attinenti a lavori che consistano in un’innovazione o che comunque comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio e cagionate da un evento non evitabile con quest’ultima. Nella prima ipotesi, l’obbligazione si ritiene sorta non appena si compia l’intervento ritenuto necessario dall’amministratore, e quindi in coincidenza con il compimento effettivo dell’attività gestionale. Nel caso, invece, delle opere di manutenzione straordinaria e delle innovazioni, la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. Da ciò si fa derivare che, verificandosi l’alienazione di una porzione esclusiva posta nel condominio in seguito all’adozione di una delibera assembleare, antecedente alla stipula dell’atto traslativo, volta all’esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione, ove non sia diversamente convenuto nei rapporti interni tra venditore e compratore, i relativi costi devono essere sopportati dal primo, anche se poi i lavori siano stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva, con conseguente diritto dell’acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c. (Cass. Sez. 2, 20/05/2019, n. 13505; Cass. Sez. 6 – 2, 22 giugno 2017, n. 15547; Cass. Sez 6 – 2, 22 marzo 2017, n. 7395; Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654)”.
L’obbligo del cessionario nei confronti del condominio si configura in capo a chiunque, sia pure, come nel caso in esame, in dipendenza di aggiudicazione forzata, succeda nella proprietà dell’immobile condominiale, non trovando applicazione il disposto dell’art. 2919 c.c. (Cass. Sez. 6-2, 25/01/2018, n. 1847, non massimata; Cass. Sez. 2, 09/07/1964, n. 1814).
Né rileva “che la vendita sia avvenuta prima dell’approvazione di tutti gli stati di ripartizione dei lavori, ovvero prima che il condomino che aveva approvato la suddetta delibera abbia assolto integralmente ai propri oneri verso il condominio”, ovvero quando debbano ancora determinarsi i costi complessivi delle opere, trattandosi di circostanze semmai ostative unicamente all’emissione, nei confronti dell’alienante – che non è più condomino – di decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, ex art. 63, comma 1, disp. att. c.c., ma non estintive del debito originario del cedente, né autonomamente costitutive dell’obbligo solidale di chi subentri nei diritti di condominio trascorso il biennio contemplato dalla legge.
Pertanto, attenzione a chiedere all’amministratore una relazione circa gli oneri e le delibere condominiali, prima di procedere all’acquisto!
Suprema Corte Cassazione, Ord. n. 21860/20 del 09/10/20
Avv. Carlo Maggio